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Oggi parliamo di Leadership.
Parabola di calcio.
Immaginate una squadra dove gli attaccanti non segnano da 5 partite.
Tutti i tifosi cominciano a dire “Ma che pippe i nostri attaccanti”.
Alle sesta partita, a metà tempo il difensore decide di fare la punta, e per caso e per fortuna, questo segna.
I tifosi cominciano a dire “Eh ma lui segna, mettiamolo in attacco”.
In questo modo gli attaccanti hanno il morale distrutto perchè ora pensando di non saper mantenere il loro ruolo.
Nella settima partita, al primo goal che prendono, la squadra comincia a dire “Eh ma abbiamo preso goal perchè quel difensore non mantiene il suo ruolo”.
Che cosa accade?
Squadra divisa, senza ruoli e che comincia a perdere.
Perchè vi ho fatto questa introduzione?
Perchè questa è una storia di come bisogna mantenere i ruoli ed è legato all’argomento di cui oggi vi voglio parlare.
Uno dei pilastri della Leadership.
Chi è il leader?
Nel nostro immaginario comune vediamo i leader persone in giacca e cravatta, a capo di grandi aziende che ogni giorno prendono decisioni importanti.
Oppure immaginiamo un leader politico che detta i suoi punti durante il comizio pre elezioni.
Da sempre credo una persona può essere leader a qualsiasi livello. Dal piccolo al grande.
E’ vero anche che i grandi, come CEO, manager o politici hanno una audience maggiore e quindi questo fa maggiore eco.
Ma tua madre o tua padre, o il tuo vicino molto spesso sono leader senza saperlo.
Sono sempre stato curioso sull’argomento della leadership, tanto da leggere moltissimo sull’argomento.
Ultimamente sono rimasto affascinato da un video di Julio Velasco sulla Leadership.
In un video che potete trovare su YouTube ha elencato il suo decalogo del leader.
L’ho trovato molto interessante e ho voluto trasformarlo in un decalogo dalla facile applicazione, qualsiasi sia il tuo ruolo.
Ve li propongo quì, che ne possiate fare tesoro:
#1. L’allenatore non fa, convince a fare (per allenare uccidi il giocatore che è in te)
Quando si cambia ruolo nella vita o nel lavoro, siamo tentati nel dire: “Quando lo facevo io ci mettevo molto meno”. “Eh io a tuoi tempi avevo 2 figli e 2 mutui”. Come vi suonano queste frasi?
Ad un certo punto dobbiamo capire che gli altri non sono come noi. Non ha senso fare paragoni.
Molto spesso, in qualsiasi posizione dobbiamo uccidere il giocatore che è in noi, per poi guidare gli altri.
#2. Nell’errore bisogna cercare il motivo, non il colpevole.
A casa, a lavoro e con gli amici si cerca sempre il colpevole, ma mai il motivo che ha causato l'errore.
Le cose accadono per un motivo. Non è sempre colpa degli altri.
Trova il motivo dell’errore, e risolverai il problema.
#3. La squadra si costruisce cominciando a stabilire i ruoli
Tutti non possono fare tutto. Pensate alla parabola del difensore.
Se tutti i difensori pensassero di poter risolvere le partite da soli, magari lo farebbero, in una circostanza.
In quella successiva però potrebbe succedere di prendere un contropiede, di restare scoperti e di subire un gol.
Se non si rispettano i ruoli gli schemi saltano.
#4. Festeggiare anche gli errori nei tentativi, come con i bambini
Sono padre da circa 10 mesi, e mi accorgo come ai bambini diamo infinite possibilità di sbagliare.
Quando fanno un piccolo passo, gli diciamo subito bravi, anche se poi ricadono.
Dobbiamo pensare al fallimento come un processo e festeggiarlo, perchè stiamo tentando di migliorare.
#5. Sì, sì… però è No
Convinzione. Se non c’è convinzione in una risposta, non ci sarà nell’attuarla.
Quando chiediamo qualcosa e la risposta non è secca con un “Sì” per me è un no.
Marchionne diceva che un leader decide con un solo Sì.
#6. Dite più spesso “bravo”. Ditelo anche ai bravi. Gli uomini hanno bisogno di riconoscimento. Alle donne moltiplicate per quattro
Dale Carnegie dice che ogni uomo ha il desiderio innato di “sentirsi importante”.
Possiamo far sentire un collega, un capo, un partner con un “Bravo” in più.
Non diamo per scontato questo passaggio.
#7. Ogni tanto ci vuole qualcuno che ci spinge in piscina. E ci constringe a nuotare
Non so se sono stato fortunato o meno, ma mia madre e mio padre mi hanno sempre spinto a fare di più.
A rischiare anche quando non avevo certezze di riuscita.
Quando ricopri un ruolo devi spingere gli altri a fare. A rischiare.
Il bravo leader ti porta oltre.
Ti spinge a rischiare e a provare cose che non hai mai provato prima.
Ti spinge anche in piscina se necessario, perché è consapevole che tu potrai dare il meglio e imparare a nuotare.
Se siete leader, il vostro compito è quello di capire quale dei vostri collaboratori riuscirà a nuotare anche in una piscina con i coccodrilli dentro.
E diventerà il migliore.
#8. Chiedete più volte “perché” ai vostri collaboratori. Spesso abbiamo dei conflitti e non abbiamo chiesto perché
Molto spesso non chiudiamo dei conflitti perchè non abbiamo chiesto “Perchè”.
“Perchè hai fatto questa cosa?”
Ognuno ha un motivo per fare qualcosa e qualche perchè in più aiuta a capire e a risolvere.
Capita che un vostro collaboratore abbia paura di fare qualcosa.
Dietro le scelte si celano sempre delle motivazioni più o meno profonde.
Andate a fondo: chiedete sempre perché. È il modo migliore per conoscerli, ed ottenere sempre di più da loro.
#9. Non si può avere il posto fisso alle Poste e fare la vita spericolata alla Vasco Rossi
Se vuoi rischiare e vuoi inseguire un sogno, ti devi dedicare a questo sogno.
Velasco cita come esempio i suoi primi anni da allenatore: per allenare a Jesi ha mollato tutti, accettando un contratto al minimo sindacale.
Se avesse continuato ad allenare a tempo perso non sarebbe diventato il miglior allenatore del mondo e forse non avrebbe avuto nessuna soddisfazione nemmeno dal suo vecchio lavoro.
Così è per gli imprenditori, i liberi professionisti, i dipendenti.
Al centro di tutto c’è il focus: scegliere una strada, dedicarsi a quella, monitorarne i risultati.
#10. Chi vince festeggia, chi perde spiega
Si vince e si perde. Quando si vince, è raro che ti chiedano come tu abbia fatto.
Quando perdi, ti chiedono delle spiegazioni.
Tieni sempre pronto a spiegare.
Come al solito chiudo con un estratto su una parabola cinese sulla leadership “Il suono della foresta”:
“Un buon governante deve saper ascoltare l’inaudito, è solo così che un buon governante può sentire il cuore dei propri sudditi e i sentimenti incomunicati, i dolori inespressi e le lamentazioni non dette, solo così è capace di cogliere ciò che non va e ciò che deve modificare per il bene comune”
Alla prossima,
Luigi
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